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Ritratto di un iconoclasta

Gli storici dovrebbero tutti studiare da fiorentini: ci vuole una buona dose di carogneria per leggere il passato, associato al gusto di far saltare sulla seggiola quelli che praticano il mio mestiere; se poi s'incazzano pure, tanto meglio. So bene i rischi che corro; o, per dirla con il mio editore statunitense: "Quando verrà la polizia del Politically Correct, io sarò il secondo nel gabbio, ma tu sarai il primo!" Tant'è: noialtri fiorentini siamo disposti a rovinarci per il puro gusto di una battuta e disposti ad andare in Paradiso solo e unicamente a dispetto dei santi.

 

Ciò che non mi differenzia dai miei concittadini, è la mancanza di tristezza. Giovanni Papini spiegava la causticità dei fiorentini con la profonda malinconia legata ad un impossibile desiderio di perfezione. Logica vorrebbe che se qualcosa è irraggiungibile, perché dolersene e da anni ho smesso di preoccuparmi della mia imperfezione; anzi, mi ci crogiolo, perchè artefice e non artista - che. comunque, lo si diventa solo dopo morti.

 

A questo punto, mi accingo a soddisfare l'insana curiosità di coloro qui convenuti per scrutare il mio passato e presente. Nato a Firenze più di mezzo secolo fa ed ivi sempre vissuto, escludendo quindici mesi di servizio militare e un bimestre trascorso all'Università di Yale per un postdoctoral fellowship. Pur tuttavia, ricerche, convegni, conferenze e il vino mi hanno condotto in più parti del mondo. Vi basti questo; almeno per il momento.

 

 

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